Cresce il timore, anche tra gli operai genovesi a Cornigliano, sul futuro dei 1.400 lavoratori ex Ilva, ora Acelor Mittal, che dal 1° luglio andranno in cassa integrazione

, le rassicurazioni della società non fanno stare tranquilli le parti in causa, ma ci sono altri lavoratori che non dobbiamo dimenticare, sono quelli dell’indotto. Sono circa 5.000 persone, vale a dire 5.000 famiglie per lo più tarantine che vivono indirettamente dallo stabilimento.
Secondo i sindacati, che manifestano in maniera compatta, pare che Acelor Mittal stia via via liquidando queste piccole e medie aziende tarantine affidando lavori interni al siderurgico, per lo più di manutenzione, a società del Nord o interne alla multinazionale. Insomma, la dirigenza dell’Acelor Mittal considera Taranto una terra di conquista in tutti i sensi: si è aggiudicata l’acquisto del più grande siderurgico d’Europa, ha imposto le assunzioni e ora la cassintegrazione, sta facendo letteralmente fuori le aziende e quindi i lavoratori dell’indotto e non sappiamo ancora a che punto sono le bonifiche che spettano a loro. E i sindacati vigilano sospettosi.