L’agricoltura ligure può guadagnare un posto centrale nell’agenda della Regione in un momento di crisi economica e sociale? Questa la domanda principale a cui cerca di rispondere
la Conferenza regionale sull’agricoltura che si tiene venerdì 21 e sabato 22 settembre a Genova. Nella sala delle grida del palazzo della Borsa l’assessore all’agricoltura Giovanni Barbagallo e il presidente Claudio Burlando attendono associazioni di categoria, operatori del settore e politici che seguono i problemi dell’agricoltura a livello nazionale ed europeo, a cominciare dall’ex ministro Paolo De Castro, ora presidente della Commissione politiche agricole del Parlamento europeo che interverrà in videoconferenza da Bruxelles.
Si parte da una certezza: anche nel pieno della crisi i numeri dell’agricoltura ligure sono interessanti. Certo non è un’agricoltura che può fare affidamento su grandi superfici continue e aziende di grandi dimensioni. Ma è un’agricoltura di qualità, con performance notevoli anche per quantità in alcuni comparti (il florovivaismo è il 70% della produzione regionale e il 30% di quella nazionale). Negli ultimi anni è diminuita l’età media degli imprenditori agricoli e contemporaneamente è aumentato il livello di scolarità medio: un segnale promettente di un’inversione di tendenza, di un ritorno di alcuni giovani alla terra come alternativa valida in un periodo di grande difficoltà dell’industria e del terziario.
“Subiamo le difficoltà del settore come le altre regioni e il calo dei consumi – puntualizza l’assessore Barbagallo – ma l’agricoltura ligure si difende bene grazie alla qualità delle sue produzioni. Contemporaneamente alla Conferenza abbiamo voluto allestire la manifestazione Agricoltura in piazza al Porto Antico insieme alla Camera di Commercio, a Unioncamere e al Comune di Genova proprio per presentare la qualità della produzione ligure in tutti i suoi aspetti, farla conoscere o riproporla ai liguri e ai visitatori. Vogliamo rilanciare un settore che nonostante il momento di difficoltà ha più di quindicimila addetti e oltre dodicimila imprese. Vogliamo fare il possibile per aumentare la superficie coltivabile e non solo per ragioni economiche ma anche per ragioni ambientali, perché la terra coltivata è anche terra preservata, che sopporta meglio le calamità naturali che in questi anni purtroppo non sono mancate”.