Le cronache di questi giorni vedono protagonisti la sacrosanta battaglia dei pastori sardi, dei produttori di grano della Sicilia e degli olivicoltori, non solo pugliesi. Proteste che agli occhi
dell’opinione pubblica possono sembrare inattese, ma che per chi è del settore, e naturalmente per le associazioni di rappresentanza, inattese non sono: i margini di guadagno, quando ci sono, sono così lievi che basta un periodo di crisi un po’ più lungo del solito per mettere in ginocchio un’intera economia. E tuttavia i margini di industria e commercio restano invariati, perché il rischio di impresa viene sempre scaricato sui coltivatori e gli allevatori alla base della filiera.
«Proprio per questo, siamo consapevoli del fatto che, molto presto, anche le aziende agricole della Liguria potrebbero trovarsi in una situazione simile a quella dei loro colleghi sardi, siciliani o pugliesi: perché anche se parliamo di dimensioni diverse, il rischio è lo stesso e molto vicino – sottolinea Aldo Alberto, presidente di Cia Liguria -. Lo abbiamo nel settore delle piante aromatiche, dove le aziende vedono assottigliare sempre di più i loro margini, e questo perché per anni la competizione si è giocata sempre e soltanto sul prezzo, senza un’adeguata campagna di promozione coordinata di quello che è un prodotto di grande qualità, ma che non viene adeguatamente valorizzato come tale.
Lo stesso rischio di crisi pende sul comparto dell’olivicoltura che, perdendo il treno della Dop, rischia di disperdere un valore territoriale enorme come la salvaguardia della “taggiasca”, e tutto questo per l’interesse di corto respiro di chi predica localismo, tipicità e tradizione, salvo poi non disdegnare l’impiego di fornitori da tutto il mondo, concorrendo così a buttare a mare un tesoro che la nostra regione potrebbe invece sfruttare in ben altro modo e a vantaggio di tutta la filiera, dalla produzione alla trasformazione.
È quindi evidente che questa politica si sta dimostrando del tutto inadeguata ad esaltare il patrimonio delle nostre eccellenze agroalimentari, e che questo continuo tirare la corda sul prezzo mette i produttori in uno stato di tensione crescente che, prima o poi, è destinata ad esplodere. Serve dunque intervenire prima che sia troppo tardi e che la situazione diventi incontrollabile anche in Liguria. Intervenire nei confronti di una burocrazia sempre più ottusa e costosa; esigere che la politica assolva al proprio ruolo di mediazione e di supporto alla programmazione di un modello di sviluppo degno di questo nome; sensibilizzare quella parte del mondo del commercio e dell’industria che ancora non ha colto l’importanza di lavorare per un sistema che si sostenga reciprocamente e contribuisca alla crescita di tutti, e non di qualcuno a scapito di altri.
Cia Liguria è impegnata con la propria azione a riaffermare il giusto riconoscimento del valore del lavoro agricolo e dei prodotti locali, rivendicando il rispetto che il settore primario merita e operando in tal senso con strumenti concreti. Lo facciamo ogni giorno, attraverso un serio lavoro di contrattazione con tutte le parti della catena produttiva e commerciale che condividono con noi lo stesso obiettivo”.