Se la nostra Compagnia di bandiera (ormai di proprietà araba) è in affanno, sugli aerei svetta pur sempre il tricolore, vanta piloti tra i migliori del mondo e può essere salvata se muterà

la strategia commerciale. Lo spiega Stefano Di Cesare, primo ufficiale Alitalia Boeing 777, già pilota Airbus e responsabile nazionale piloti Fit Cisl trasporto aereo, che sottolinea come ci sia attesa e preoccupazione nei sentimenti della gente Alitalia in uno dei momenti storici più complessi della Compagnia e reso ancor più difficile dal fatto che “dal 2008 – afferma – si vede tagliare stipendi e depauperare quell’azienda che conoscevano tutti”. In attesa del piano industriale Di Cesare sostiene che occorre “cambiare completamente il modo del business, attualmente concentrato sul medio raggio”. “In questo senso – dice – abbiamo un numero di macchine sbilanciato: quasi cento sul medio, 22 sul lungo. Bisognerebbe cambiare la situazione del lungo raggio in maniera da aggredire quei mercati che hanno più valore: più America del Nord e del Sud, più Asia dove i low cost non operano ed il business porta ad avere ricevi”. E da Di Cesare giunge l’indicazione che personale di volo e di terra è molto preoccupato, “avendo a cuore la propria azienda e dopo che per anni è stato gestito male, non per il costo del lavoro o costi interni ma perché l’azienda ha sbagliato politica di business”. E spiega come spesso il low cost “ha sede altrove, paga le tasse altrove, chi vi lavora è talvolta a partita Iva e non ha contratti italiani. In Alitalia, da tempo, ci siamo tutti rimboccati le maniche, dato tutti qualcosa, anche con la consapevolezza del cambiamento del mercato del lavoro”. 

Dino Frambati