Leggiamo nel sito di Primocanale una notizia che finora sembra essere stata silenziata dal sistema mediatico locale: «Il Ministero dell’Ambiente accoglie parzialmente

le richieste del comitato “Porto Aperto” e dall’associazione “VAS” e dispone accertamenti su eventuali danni ambientali che sarebbero provocati dalle attività delle riparazioni navali a Genova.
In pratica, sulla base delle indicazioni che giungono da Roma, si tratta di un atto dovuto: il Ministero ha chiesto ad “Ispra” e “Arpal” di “esaminare la documentazione prodotta e di verificare le analisi” effettuate dalla Eurochem Italia per conto degli stessi comitati ambientalisti.
Le analisi riguarderanno la situazione attuale, ma non gli effetti causati da un eventuale ampliamento (previsto dal BluePrint) perché “gli scenari futuri possibili ed ancora irrealizzati” non sono di competenza del Ministero, e in particolare del decreto legislativo sui danni ambientali 152 del 2006 su cui si è basata l’azione dei comitati.
In merito agli effetti del possibile ampliamento, il Ministero si è limitato a chiedere alla Regione Liguria la valutazione di impatto ambientale relativamente al BluePrint. Toccherà ad Arpal dunque esaminare la documentazione prodotta dai comitati che hanno denunciato il superamento dei limiti di sostanze inquinanti. La stessa agenzia per l’ambiente dovrà accertare se gli eventuali superamenti possono ritenersi collegati all’attività delle riparazioni navali.
Proprio sulle riparazioni navali, una delle parti più controverse del progetto di Renzo Piano, il Comune fa un passo indietro. “Penso si possa riorganizzare l’area senza il maxi-tombamento previsto nel disegno d’insieme – ha detto Bernini – Bisogna discutere con gli operatori del settore e l’autorità di sistema portuale il giusto disegno di dettaglio dell’area partendo dal presupposto che bisogna consolidare le riparazioni navali, ma potrebbe non essere necessario un riempimento di quelle dimensioni”. Si apre la discussione, insomma, per definire gli spazi di cui hanno effettivamente bisogno le aziende e l’idea è che potrebbe venirne fuori un riempimento dello specchio acqueo davanti al porticciolo Duca degli Abruzzi più piccolo del previsto».
Questo è quanto.
Come salta in tutta evidenza, una notizia da “strillo in prima pagina”, per di più confermata proprio da parte dei nostri amministratori nella persona del vice-sindaco Stefano Bernini, che rimette in discussione il ridisegno dell’intero assetto del waterfront genovese. Un vero scoop. Ma che risulta fino ad ora rimosso, secondo l’inveterata abitudine locale del “sopire e troncare”.
Ci si chiede: fino a quando si potrà tenere il coperchio sopra questa pentola in ebollizione? Il voto del 4 dicembre ha delegittimato non un impianto referendario ma un progetto complessivo, di cui alcuni pezzi riguardavano direttamente proprio la nostra regione: da un “Patto per Genova” chiaramente improntato alla logica di scambio “tu mi voti e io ti faccio arrivare i finanziamenti”, fino alla riforma Del Rio, che piallava via ogni possibilità delle comunità portuali di avere voce in capitolo sulle scelte che investono le rispettive città.
Nodi che quanto prima arriveranno al pettine.