Nel caleidoscopio di luccichii mirabolanti, in cui si è trasformato il futuro di Genova negli ultimi giorni, l’ultima combinazione di annunci stupefacenti è rappresentata dall’arrivo
sulla collina di Erzelli di nientepopodimeno che dell’Agenzia Europea dei Medicinali; in procinto di abbandonare Londra, nel fuggi, fuggi del dopo Brexit.
Una notizia che oltre a mandare in solluchero la tradizionale anglofilia della nostra città, crea aspettative molteplici: dalle annunciate migliaia di nuovi posti di lavoro al rafforzamento della missione del progettato Parco, nel fertile mixaggio del settore tecnologico con quello sanitario. Il tutto ulteriormente accreditato, a far buon peso con la Scuola Politecnica, dall’ubicazione in collina dell’ipotizzato ospedale di Ponente. Anche se qualcuno insinua (con spirito malevolo?) che localizzare una struttura dedicata alla cura in un’area dove, sino a poco tempo fa, erano stati parcheggiati container altamente inquinanti, in assenza di un’adeguata bonifica, beh, non sarebbe propriamente il massimo. Se non altro per quanto concerne la salute dei pazienti e il relativo diritto dei cittadini.
Poi, a far buon peso, c’è l’aspetto contraddittorio rappresentato dal fatto che l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) sta spostando verso il polo milanese post Expo la sua nuova focalizzazione sul settore farmaceutico (Progetto Human Technopole).
Ciò nonostante, sperare non fa male a nessuno. E Genova sogna di tornare a essere sede di organizzazioni internazionali da quando – erano i primi anni Sessanta – ci fu la perdita traumatica, quasi in un colpo solo, delle location italiane di tutte le principali aziende petrolifere mondiali: Esso e Mobil in testa, con sedi genovesi da tempo immemorabile.
Senza voler fare gli uccelli del malaugurio, i motivi scatenanti di quell’antico esodo sembrerebbero ancora operativi: marginalità rispetto ai circuiti primari della vita politica e civile nazionale, carenze di collegamenti, coprifuoco monacale quanto a intrattenimento serale…
Comunque, anche nel caso in cui gli antichi handicap fossero superati con un colpo di bacchetta magica, resta il fatto che questa prospettiva caleidoscopica – e come tale a rischio miraggio – risulta anche questa volta una sorta di elusione consolatoria. Una rimozione dei nodi di crisi cittadini.
Facciamo pure il tifo per apporti occupazionali esterni. Purché non si trasformino in rimozioni degli impegni politici collettivi cui Genova è chiamata. Un alibi.