Nella sua lunga intervista video, concessa a Liguriaeconomy, l’assessore allo Sviluppo di Regione Liguria Edoardo Rixi concordava con l’analisi di Sergio Bologna sul da farsi per i porti liguri.

Innanzitutto rendersi finalmente conto che l’entrata definitiva in funzione dei trafori svizzeri – prima il Lötschberg e ora il Gottardo – non spalancano futuri radiosi per le nostre strutture marittime e relativi servizi connessi, predestinate (?) a vedersi calare in grembo opportunità di lavoro piovute dal cielo, quanto producono l’effetto contrario: una poderosa calamita che attrae traffici dal mediterraneo agli scali atlantici.
Non a caso i manager del principale attore nel cosiddetto Northern Range – Rotterdam – stanno calando in Lombardia a caccia di traffici. Difatti, nonostante che il porto olandese rimanga il principale leader europeo, perfino questo scalo si trova oggi a fronteggiare seri problemi nel plafonare di merci i terminal su cui ha investito cifre da capogiro (del tutto fuori della portata dei “piccoletti” del Sud, presunti quanto improbabili concorrenti nella corsa al gigantismo).
Sicché l’8 novembre una sua delegazione ha organizzato a Milano seminari dedicati agli operatori, finalizzati a orientarli a Nord. Nel frattempo si segnala che quotidianamente partono dal nodo di Novara, verso quelle destinazioni, una ventina di convogli ferroviari, mentre dal marzo scorso è operativo pure il servizio navetta container a cadenza bisettimanale Melzo-Rotterdam.
Una politica aggressiva che – secondo tanto Rixi che Bologna – richiederebbe una altrettanto vigorosa “mossa” da parte ligure. Ad esempio indirizzata verso la Svizzera e la Baviera, magari fino al Baden-Württemberg. Anche perché – sottolineava Rixi – a parte Trieste, solo i nostri porti hanno la necessaria vocazione all’internazionalità.
Ossia pensare lo spazio in maniera meno asfittica di quanto induca a fare una mentalità orientata al solo presidio delle rendite di posizione. Magari con politiche di intelligente coinvolgimento di partner. Come dimostrarono agli albori del secolo scorso i vecchi genovesi; i quali, realizzando l’allora Consorzio del Porto, si premurarono di inserire nel board di governo anche i comuni di Torino, Milano e Alessandria. Antesignani del modernissimo concetto di strategie aziendali che prende il nome di “coopetition”, competere collaborando.
Ma anche qui dobbiamo convenire con Rixi, il quale sottolinea una verità ben nota a Liguriaeconomy quanto sconosciuta ai tanti corifei della riforma Del Rio: la centralizzazione/governamentalizzazione dei porti, in base a una arcaica logica top-down, non si limita a incaprettarne l’autonomia, produce un effetto paralizzante che è l’esatto contrario di quanto richiederebbe la necessità di promuovere sviluppo.
Sviluppo che può partire soltanto dai territori.
Eppure ben difficilmente questo esercizio di puro buon senso potrà realizzarsi, stanti le logiche di attacco alle autonomie e ai corpi intermedi egemoni in questa stagione che si pretenderebbe riformista, semplificatrice, dinamicizzante.