La legge 84/94 creò le Autorità Portuali: si intendeva favorire l’ingresso dei privati nelle banchine e per certi versi sottrarre allo Stato il controllo diretto dei porti.

La legge ha favorito, in una prima fase, lo sviluppo dei nostri terminal. Ma poi ha portato a un’involuzione, a quella “guerra dei porti” di cui parlavo. Ecco, allora, il ritorno al passato, all’accentramento sul Ministero delle decisioni che riguardano i porti. 15 Autorità di sistema al posto delle attuali 24 Autorità Portuali; Presidente scelto dal Ministro delle Infrastrutture, sia pure d’intesa con le Regioni interessate; 3 o 5 membri nel comitato di  gestione; coordinamento centralizzato. Era giusto cambiare rotta, ma si è esagerato. Come con la riforma costituzionale sulle Regioni sottoposta a referendum: contiene anche qualcosa di buono rispetto alla riforma del  Titolo V del 2001, ma invece di correggerne gli errori rimanendo dentro una prospettiva regionalista -magari puntando alle macroregioni- ritorna al vecchio centralismo grazie alla “tutela dell’interesse nazionale”, che consente al Governo di esautorare le Regioni ogni volta che vuole. Nel caso dei porti la “polpetta avvelenata” è soprattutto il fatto che è assente il ruolo dei Comuni nei meccanismi di governance dei porti. Ma così si rischia di allontanare il territorio dal porto e dalle politiche sulla portualità. La partecipazione dei Comuni è indispensabile per favorire il dialogo tra città e porto, creare sinergie di sviluppo e rendere più efficiente l’amministrazione degli enti. Non è un caso se nel resto d’Europa, da Barcellona a Rotterdam, da Brema ad Amburgo, il forte legame che esiste tra città e porto sia definito e normato, dentro l’indispensabile quadro di programmazione nazionale. Critiche di segno analogo sono state espresse dall’ex Sindaco di Genova Giuseppe Pericu, che ha richiamato l’esperienza di Anversa. Ma anche Giorgio Carozzi, altro grande esperto di porti, è molto netto -sul suo “Pilotina Blog”- nella critica a una riforma  varata “nel segno sempre più accentuato del centralismo e della burocratizzazione che producono immobilismo” (6 novembre 2016). Le nomine dei nuovi Presidenti effettuate da Delrio sono coerenti e funzionali a questo disegno centralistico: a Genova-Savona Paolo Emilio Signorini, che viene dal Ministero delle Infrastrutture, a Spezia-Marina di Carrara Carla Roncallo, già dirigente Anas. Persone capaci, certamente. Ma espressione di una sconfitta della politica intesa come dialogo, mediazione, rappresentanza, ricerca della partecipazione… Non a caso prima di loro i Presidenti erano politici. Ma gli esiti, si veda Spezia, non sono stati proprio brillanti. Quindi non si punta a una politica rinnovata, che sia non solo onesta ma anche capace di unire le competenze specifiche della politica con quelle tecniche, ma si punta tutto sui tecnici, depositari del sapere tecnico ma ignari di politica. Il mito dei tecnici in politica (vedi Governo Monti) ha prodotto molti guai, ma tant’è… Oggi prevale, e si capisce il perché, il disprezzo della politica. Restano però i dubbi che riescano i tecnici là dove la politica ha fallito. In ogni caso, come cittadini, facciamoci sentire e cerchiamo di creare le condizioni per poter dare una mano.

Giorgio Pagano