Secondo Pierangelo Massa, segretario uscente di UIL Liguria, la nostra situazione regionale ricorda la ben nota parabola della rana bollita; storytelling legata al nome

del professore di organizzazione aziendale del MIT di Boston Peter Senghe, che l’ha esposta nel suo saggio “La Quinta Disciplina” del 1990: per cucinare il povero batrace occorre che la pentola sia colma d’acqua fredda e la cottura avvenga a fuoco lento. Altrimenti schizza via.
Si direbbe un problema da cuoco francese, eppure la storiella ha incontrato molto successo nelle aule di formazione manageriale, aggiornando le classiche slides sulla “politica del carciofo del conte di Cavour”. Nello specifico, la denuncia che la Liguria ormai sta scivolando nel sottosviluppo quasi senza che i diretti interessati se ne accorgano. Giorno dopo giorno, una foglia per volta.
“La Liguria – dice Massa – è un territorio economicamente e socialmente fragile che ha assistito anno dopo anno, al declino dell’industria manifatturiera e alla perdita costante di posti di lavoro. Ognuno di noi porta sulla sua pelle le cicatrici di una Liguria che offre un biglietto di sola andata per le imprese che fuggono all’estero e ai giovani che cercano altrove la propria occasione di crescita e riscatto”.
Con questo retro-pensiero, nel salone al quarto piano del Galata – Museo Del Mare stracolmo di partecipanti, il leader UIL ha concluso la sua vicenda quasi decennale al vertice del sindacato. E il lascito al suo successore – lo spezzino Mario Ghini – verte soprattutto su due punti: l’urgenza di fare uscire il territorio dall’attuale condizione di isolamento, la funzione dell’innovazione per una riqualificazione del tessuto produttivo e la creazione di nuove opportunità occupazionali.
Due temi in linea con le coordinate culturali della sua idea di fare sindacato: laicità, riformismo, socialismo. Il tutto praticato con estrema bonomia che, tradotto nell’esercizio della professione, significa una costante ricerca di arrivare all’accordo con la controparte; nella convinzione che “rottura” rappresenti – almeno in qualche misura – una sconfitta per tutti.
Da qui un’analisi senza asprezze e orientata all’ottimismo della volontà, che tende a trascurare qualche evidenza contraria: se la nostra area langue nell’isolamento, forse varrebbe la pena di chiederci perché non si manifesti l’altrui interesse a ripristinare i collegamenti del passato (quando Genova e la Liguria venivano considerate interlocutori imprescindibili proprio perché economicamente appetibili); il mantra che ci ripetiamo da oltre un decennio dell’uscita di sicurezza nell’Hi-Tech non si è ancora tradotto neppure in un minimo di fertilizzazione dei territori circostanti le presunte cattedrali del sapere innovativo, mentre Ericsson prende i soldi e scappa, l’intero progetto Erzelli si rivela una grossa operazione immobiliare (il cui salvataggio con denaro pubblico è strettamente connesso alla rimessa in ordine dei conti degli istituti bancari coinvolti nell’operazione), l’Istituto Italiano di Tecnologie si appresta a spostare il baricentro nell’ex area dell’Expo milanese.
Tutti temi che avrebbero probabilmente rovinato la festa d’addio di Pierangelo Massa, e che quindi è stato giusto silenziare. Oggi era il giorno della commozione e degli affetti. Domani – su questi aggrovigliati punti critici – il sindacato dovrà riprendere a rivendicare e fare vertenze, se non vuole smarrire la sua stessa ragione d’essere.