Mentre prosegue la centralizzazione delle governance portuali, vero obiettivo della riforma Del Rio, gli enti locali iniziano a vagliare possibili candidature da inserire nei board
chiamati a sostituire i vecchi comitati portuali. Per quanto riguarda la situazione ligure, considerando definite le presidenze dei due conglomerati Genova-Savona-Vado e Spezia-Massa, suscita interesse l’annuncio che la comunità del mare che opera sotto il Priamar stia prospettando il ritorno sulle scene del suo storico leader Rino Canavese; ipotizzato quale futuro membro del board di Palazzo San Giorgio in Genova.
Già segretario generale e poi presidente per due mandati della Port Authority di allora, Canavese – piaccia o non piaccia – è il vero promotore della rifondazione (o meglio, fondazione ex novo) dello scalo savonese. Per due ragioni: una riconosciuta competenza in materia di logistica marittima, un’indiscussa leadership sull’intero pezzo della città che guarda all’economia del mare; dai lavoratori dipendenti organizzati dalla compagnia Pippo Rebagliati agli imprenditori.
Fu grazie a questa capacità di tenere assieme interessi diversi e apparentemente divergenti che Canavese riuscì a rivitalizzare uno scalo sonnacchioso, trasformandolo nella home port di Costa Crociere e – di conseguenza – creare quel flusso economico (all’incirca un milione di crocieristi all’anno) che ha vivificato l’intero centro urbano; aprendo nuove prospettive a una città che non riusciva a riprendersi dalla de-industrializzazione esplosa nella seconda metà degli anni Ottanta (crisi della siderurgia partecipata dallo Stato).
Certo, un personaggio dal marcato decisionismo – quale l’allora presidente dell’Autorità Portuale – era destinato a dividere e suscitare sentimenti contrastanti. Gli ambientalisti non gli hanno mai perdonato un deciso orientamento allo sviluppismo e la stessa amministrazione del sindaco Federico Berruti ha sempre tollerato con difficoltà l’insofferenza con cui “l’uomo forte del porto” tendeva a tagliar corto con i riti autoreferenziali e i rallentamenti della politica.
Resta il fatto che – a partire dal novembre 1996, arrivo nello specchio d’acque savonese della prima motonave di Costa Crociere – quella città fu l’unica a individuare un sentiero di sviluppo, una propria specializzazione competitiva, in una Liguria che declinava anche (soprattutto?) per incapacità di elaborare un progetto di effettivo rilancio. Di questo va dato merito a chi si è battuto testardamente per il proprio porto. Che non sappiamo quanto si troverebbe a suo agio in un board di notabili; che supplisce solo formalmente alla cancellazione del diritto all’autogoverno da parte delle comunità cittadine la cui vita e futuro sono fortemente marcati dalle scelte che verranno fatte in materia di politiche marittime. Che ormai passano sopra le loro teste.