Davanti ai morti e alle rovine dei terremoti ormai seriali nel centro Italia, le questioni contabili assumono l’identica pertinenza di una bestemmia in chiesa.
Inopportunità oltre le soglie del “minimo umano”. Eppure, a fronte di tali manifestazioni rubricabili a incommensurabile avarizia morale e materiale, altrettanto inopportune appaiono le pratiche strumentali che occultano dietro l’apparente commozione un uso sfacciato dell’opportunismo.
Valutazione che sembra proprio doversi applicare alle vicende della baruffa tra commissione di Bruxelles e governo dello Stato italiano, in relazione alla nostra manovra economico-finanziaria 2017.
Dice la Ue: “le vostre previsioni sforano per due decimali”. Rispondono da Roma: “e che mai sarebbero questi due decimali, a fronte della catastrofe nazionale del sisma e delle doverose spese per la ricostruzione?”.
Detta così verrebbe solo da schierarsi contro i pubblicani europei. Ma poi, se si approfondisce la materia, si scopre che la finanziaria fuoriesce in maniera sospetta dai parametri (che – va ricordato – ci siamo improvvidamente auto-imposti grazie alla condiscendenza inetta dei passati governi). E per la bella cifra di 3,4 miliardi, a fronte di fondi destinati al soccorso terremotati per solo 600 milioni.
Insomma, anche in questa vicenda rischiamo – come diceva Alberto Sordi – “di farci riconoscere”: i furbastri che pretenderebbero di prendere il prossimo per il naso.
Nel frattempo i consuntivi delle catastrofi sismiche che, a scadenze quasi fisse, si sono succedute nel (fu) bel Paese, dal terremoto del Belice del 1968, sono un vergognoso rosario di inadempienze; e di sciacalli in guanti gialli che ci si sono arricchiti. Compresi i costruttori felloni, registrati dalle intercettazioni telefoniche mentre si congratulavano – sganasciandosi – alla notizia del sisma in Abruzzo. Con cui ha fatto il paro, in quanto a irresponsabilità perversa, il conseguente scandalo delle new town fasulle dell’Aquila.
Nel caso attuale il sospetto che più delle disgrazie poté l’effetto dell’imminente referendum e della fregola di conquistare il più possibile di consensi a mezzo paghette a pioggia. Sulla pelle dei senza case di Amatrice o Norcia e varie tragedie.
In questo scontro tra ottusi burocrati continentali e non disinteressati pasticcioni nazionali, il bisogno di serietà, di comportamenti all’altezza del dolore di tante persone, chiede prima di tutto la discesa in campo di una condizione che si direbbe latitare: la sincerità. Almeno in misura pari al senso civico e all’impegno generoso di chi è impegnato a lenire le ferite inferte dalla natura nella sua dimensione maligna: i militi ignoti dello Stato (protezione civile, carabinieri, polizie…), insieme alla gente comune. I volontari accorsi sui luoghi del massacro, che ora lavorano disinteressatamente a rimettere in piedi una convivenza gravemente vulnerata; senza nessun bisogno di mettersi in mostra davanti a qualche troupe televisiva.