Ci risiamo. Talvolta sonnecchia perfino un abile e sperimentato comunicatore quale Giovanni Toti, presidente di Regione Liguria. Il quale si spende ancora una volta per il discusso progetto Erzelli
con un’argomentazione che è esattamente quanto non andrebbe esplicitato: «l’urgenza di una decisione appare anche dettata dal rilevante impegno finanziario che Banca Carige ha assunto nei confronti del soggetto attuatore del Parco in grado di determinare impatti significativamente negativi sulla già delicata situazione patrimoniale dell’istituto», questa la lettera resa pubblica del governatore ligure al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti. Commenta Massimo Minella: «la banca è infatti fortemente esposta nei confronti dell’operazione (si parla di una cifra attorno ai duecento milioni di euro) e appare ovvio che un suo fallimento metterebbe in seria difficoltà l’istituto».
Possibile che l’uomo politico più in vista dalle nostre parti e il noto giornalista non capiscano che quanto a loro appare ragionevole corrisponde – in effetti – a una sorta di drappo rosso agitato davanti agli occhi della pubblica opinione mondiale? Almeno dal 2011, quando il fenomeno degli indignados diffuse un comune sentire a livello planetario: il rigetto della presunta tautologia secondo cui banche e banchieri, in difficoltà per gestioni oscillanti dall’improvvido al colposo (o peggio), andrebbero salvati a spese dell’intera comunità. Quella comunità in via di costante impoverimento e che sta manifestando crescente insofferenza persino nei confronti dell’Unione continentale; ormai bollata come “Europa delle banche”, contrapposta all’Europa dei popoli.
Qualcuno li considera temi da rivoltosi e teste calde – “populistici” – invece corrispondono al messaggio di persone ragionevoli e di buon senso, preoccupate del dove potrebbe condurci il voler tirare troppo la corda massacrando il ceto medio a vantaggio di ristretti gruppi privilegiati. Ad esempio qui in Liguria, dove i processi di impoverimento da precarizzazione hanno raggiunto livelli insostenibili; mentre i poveri assoluti, finiti nel cono d’ombra dell’abbandono, superano la soglia dell’otto per cento della popolazione.
Già William Shakespeare avvertiva di “guardarsi dalla collera dei miti”. Gli faceva eco recentemente un grande sociologo e persona di ammirevole dirittura morale come Luciano Gallino, che nella sua opera postuma “Il denaro, il debito e la doppia crisi” (2015) così ammoniva: «il richiamo alle distorsioni che l’enorme aumento della disuguaglianza ha prodotto in campo sociale, politico, morale, civile, intellettuale viene confutato con l’idea che l’arricchimento dei ricchi solleva tutte le barche – laddove un minimo di riguardo all’evidenza empirica mostra che nel migliore dei casi, ha scritto un economista americano, esso solleva soltanto gli yacht».