Pochi luoghi suscitano tristezza quanto un arsenale o una fabbrica abbandonati. O uno spazio fieristico, solito ospitare sciami di visitatori, ridotto alla condizione cimiteriale.
Ossia la condizione in cui attualmente vegeta l’Ente genovese sorto nel bel mezzo degli anni Cinquanta e presieduto fino al 1963 da Francesco de André, con il compito di coltivare una vocazione fieristica legata inizialmente a barche e fiori.
Come sia andata è sotto gli occhi di chi voglia fare una passeggiata tra i padiglioni abbandonati, incontrando gli ultimi sopravvissuti nell’organico decimato; preposti a presidiare non si sa bene cosa. Mentre il degrado avanza inesorabilmente, in un quartiere sottoposto fisiologicamente a usure molteplici, che la vicinanza corrosiva del salino fa crescere in misura esponenziale.
Il degrado di un bene pubblico su cui la comunità ha investito risorse imponenti per mezzo secolo; e a cui erano collegate legittime aspettative.
Se esistesse il foro della società civile l’intera vicenda andrebbe sottoposta a processo; con una lista di accusa che vanno dalle colpevoli inerzie di amministratori assenteisti, intenti a covare poltrone e uova di pietra, fino alle dissipazioni sospette in scelte scriteriate. Qualcuno vorrà spiegarci chi impose l’Atelier Jean Nouvel per realizzare malamente il padiglione B (detto anche “Blu”), che costò lo sproposito di 40 milioni (più i 23 richiesti dalle imprese appaltatrici) e che fu l’ennesimo colpo mortale inferto all’intera struttura? Ancora oggi si narrano scambi di favori al riguardo; agevolati da promesse di ripianamenti dei costi da parte del sindaco in prima persona. E mai arrivati.
Fatto sta che lo scempio di piazzale Kennedy è alla vista dell’intera città.
Ma quanto più colpisce è proprio il silenzio indifferente delle istituzioni e delle stesse categorie economiche (a cui una vocazione competitiva strategica quale quella fieristica dovrebbe pure stare a cuore). Mentre nessuno si perita di avanzare una proposta risolutiva purchessia; al limite la cessione dell’intero complesso, compresi i residui asset, a qualche potenziale acquirente tipo Fiera Milano (che pure non se la passa benissimo).
Niente. Appunto, silenzio cimiteriale.
Quasi si direbbe la volontà di metabolizzare la situazione lasciandola scivolare in un oblio cronicizzato per non dover ammettere che questa dissipazione è prima di tutto la sentenza del fallimento di una leadership territoriale inadeguata. Un ceto dirigente di comunicatori rimasto senza parole.