È in distribuzione il Dossier Liguria, redatto a cura del sistema camerale della nostra regione; la migliore replica a quanti condividono lo scriteriato attacco all’unica istituzione
di territorio che ancora fornisce elementi utili per conoscere le dinamiche significative con cui ci troviamo a fare i conti. In base all’antico adagio che non è mai stata una mossa intelligente quella di spezzare il termometro se registra dati poco graditi e – comunque – scelta di nessuna utilità per abbassare la febbre.
D’altro canto, effettivamente i dati che emergono dal rapporto non sono per nulla confortanti, a riprova che il nostro sistema d’impresa continua a perdere colpi. Già sotto il profilo puramente numerico-quantitativo: se nel 2013, a livello regionale, le imprese attive erano 140.178, oggi sono scese a 136.999.
Non una grossa perdita, certo. Comunque un indicatore di tendenza che sarebbe molto pericoloso ignorare. Soprattutto per i comparti in cui il trend negativo si evidenzia: dall’1,2 in meno dell’industria al 2,8 del settore trasportistico. E con un più 0,3 nel differenziale natalità-mortalità a vantaggio di quest’ultima.
Come ormai è risaputo, la sola nota realmente positiva è rappresentata dal turismo, che nel periodo ha visto 5,2 milioni di arrivi nazionali e oltre 3,4 stranieri. Ma – come osservava proprio nella video-intervista odierna il presidente Fepag Alessandro Cavo – si tratta di incrementi a partire da un pregresso abbastanza minimale; rispetto ai numeri propri dei siti dove l’accoglienza è tradizione secolare.
Insomma, la fotografia di Camera di Commercio indica chiaramente che la crisi industriale, risalente alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, non ha trovato ancora la sua inversione di tendenza. Ed è una fortuna che qualcuno lo ricordi. Alla pubblica opinione come ai nostri governanti locali, con quella loro inestirpabile voglia di scantonare quando vengono messi sul tavolo gli argomenti spinosi.