I 126mila appassionati che hanno visitato la 56esima edizione del Salone Nautico genovese, benedetto anche dalla clemenza del tempo per l’intera “sei giorni”,

possono senza alcun dubbio far parlare di “successo”; e far tirare un sospiro di sollievo agli organizzatori di una manifestazione nata sotto stelle non propriamente favorevoli. Soprattutto, un esito che conferma la vitalità di un evento (e la validità di una location) che molti avevano messo drasticamente in dubbio. Tanto che ora si incomincia a parlare della prossima edizione 2017. E qui si riparte subito con il piede sbagliato: una improvvisazione confusionistica di stampo politicante, coniugata con la determinazione a presidiare singole posizioni e tracce della cronica vocazione ambientale alla rendita burocratica, che già aveva mandato in tilt mezzo secolo di successi espositivi nella nautica e ferito a morte la struttura di quartieri fieristici sorti nei lontani anni Sessanta proprio facendo perno attorno alle barche.
Solo facendo chiarezza si potrà davvero andare avanti, recuperando le recenti spinte centrifughe e difendendo l’appuntamento genovese nel calendario delle date concorrenti. Dunque, una salda leadership, con forti attitudini imprenditoriali e altrettante capacità diplomatiche. Può esserlo l’annunciata società mista pubblico-privata? Magari, anche se – a prima vista – ha tutta l’aria di un carrozzone allestito per “dare l’impressione di fare”, nell’immortale logica borbonica dell’ammuina.
Sperando – comunque – di sbagliarsi, Liguriaeconomy propone, a chi si farà carico di portare avanti l’Expo testé concluso, due temi su cui iniziare a riflettere.

A) La localizzazione dell’evento, nella ridda di voci sul possibile spezzatino (non si capisce se sparso tra il Tigullio o tutta l’Italia) che accontenterebbe specifici interessi ma produrrebbe effetti distruttivi sul senso primario dell’evento espositivo: concentrare in un unico luogo la massima offerta tematica possibile; essere la vetrina più completa di un settore o di un bene;

B) La manutenzione dello spazio espositivo, facendo chiarezza sulla ridda di voci su sbaraccamenti e Blueprint, che non può essere retto da un evento sei-giorni-sei all’anno. Dunque va fatto risuscitare dalla bara in cui già era stato tumulato per rivivere grazie a una ripresa articolata di opportunità che lo plafonino (magari, come si è ipotizzato in questo sito, legate all’economia del mare).

Insomma, se non si oltrepassa la siepe buia delle vaghezze sul futuro, il buon esito del salone nautico potrebbe risultare soltanto un patetico canto del cigno. Di cui la città di Genova, ferita per tanti versi, non ha assolutamente bisogno.