Il Segretario Generale di Uil-trasporti Claudio Tarlazzi dichiara: “Se il Ministro Del Rio accettasse la richiesta avanzata da alcune Regioni di rinviare gli accorpamenti dei porti
nelle nuove Autorità di sistema portuale, gli scenari concatenati potrebbero essere solo due. Il primo riguarderebbe il mantenimento delle diseconomie determinate dai localismi, che in questi anni hanno ampiamente dimostrato di non sostenere lo sviluppo del Paese che, invece, ha bisogno più che mai di integrare i porti con i territori e le altre modalità di trasporto e di realizzare opere che assumono valore in un contesto di esigenza nazionale. Il secondo scenario” sarebbe l’assenza di sviluppo di pezzi importanti della portualità del paese con gravi ripercussioni sull’economia nazionale, per il non finanziamento delle opere, penalità questa prevista per quei porti che decidono di astenersi dal partecipare alla riforma nazionale. Da una parte lasciare impregiudicate situazioni che necessariamente vanno cambiate e dall’altra configurare alibi per non fare i necessari investimenti. Questo non è possibile!”. Ecco il dichiarato dal leader di Uil-trasporti. Sul confusionismo.
Ancora una volta risulta in tutta evidenza la fatica, anche logica e argomentativa, che grava sulla folla in corsa affannosa per saltare sul carro ministeriale. Però si consiglierebbe più attenzione nel maneggio delle idee.
Dice Tarlazzi: “basta con questo localismo reo di ogni misfatto”. E poi, con straordinaria acrobazia dialettica, propugna una crescente integrazione tra porti e territori. Ossia il potenziamento dell’interdipendenza locale waterfront-hinterland. Dire e disdire? È ormai ampiamente noto come una delle più apprezzate tecniche comunicative di questi tempi consista nel promuovere un’idea rappresentandola nel suo contrario, in modo da obnubilare l’uditorio e far passare senza troppi danni il proprio punto di vista. Ecumenicamente. Come una verità di fede. Che – nel caso della riforma Del Rio – è quella di centralizzare il rapporto Autorità Portuale – Ministero competente, spazzando via autonomie e corpi intermedi. Ossia, l’attuale modello di statualità in auge nei vari ambiti dell’architettura istituzionale oggetto delle amorose cure dei riformatori. Che tra l’altro taglierebbero fuori dai ruoli decisionali proprio le rappresentanze dei lavoratori presenti nei territori.
Tarlazzi o Tafazzi? A meno che questa mossa non corrisponda – per dirla all’americana, che va di moda – al classico “every man for himself”. Si salvi chi può.