La settimana scorsa l’ISTAT mandava segnali di speranza sulla situazione occupazionale italiana e ieri l’INPS ha gelato sul nascere ogni rosea aspettativa promulgando un bollettino
di guerra catastrofico: nei primi otto mesi del 2016 le assunzioni in pianta stabile sono calate del 33%; superate in questa corsa all’indietro dalle stabilizzazioni dei posti di lavoro precari, scese del 36%.
Verrebbe voglia di chiudere la faccenda ripetendo il vecchio adagio secondo cui ci sarebbero tre tipi di menzogne: le bugie, le sporche bugie e… le statistiche.
Ma le cose non stanno proprio così. In ogni inventariazione finalizzata alla messa in luce dei trend, il dato ha bisogno di essere interpretato. E questa “fluidità” consente ampio margine di manovra a chi vuole tirare l’acqua al proprio mulino. Alla propaganda.
Mentre – in nel caso in esame – l’apparente contraddizione tra le due rilevazioni si spiega tenendo conto dell’angolo visuale differente da cui sono state eseguite: l’ISTAT registra (quantitativamente) i posti creati, mentre l’INPS analizza le loro tipologie (qualitativamente). E che in Italia ci sia un peggioramento della qualità del lavoro lo evidenzia ulteriormente il fatto che – sempre dal gennaio al luglio di quest’anno – la vendita di ticket si è incrementata del 36%, a conferma che le imprese ricorrono con crescente frequenza ad assunzioni precarie (e rifiutano – di fatto – la logica del sempre più latitante Jobs Act, che prevede tutele crescenti).
Del resto, tale politica aziendale discende dalla condizione altrettanto precaria del sistema produttivo italiano, speculare ai dati previsionali del PIL; sistematicamente riaggiustati “a scendere”. Ora precipitati allo “zero virgola”.
Intanto il dibattito in materia economica del nostro Paese continua a incaponirsi nelle discussioni di tipo congiunturalistiche.
Quanto mancano ormai voci di studiosi capaci di oltrepassare le logiche dell’aggiustaggio per proporre analisi sistemiche!
Come quella del sempre rimpianto Paolo Sylos Labini; che, negli ultimi anni della sua fertile esistenza di grande studioso, proponeva di riqualificare il nostro sistema produttivo attualizzando antiche abilità meccaniche in “meccatronica”. Insomma, partendo dall’economia reale.