La settimana dopo l’attentato alle torri gemelle e la depressione generale che ne seguì negli States, Barbara Bush telefonò a suo figlio George jr. chiedendogli cosa poteva fare per l’America.
Il presidente stelle-a-strisce, non proprio una sottile mente economica, le rispose: “fai la cosa più patriottica, esci di casa e compra qualcosa”. Non si sa quali e quanti furono gli acquisti della matronale signora, fatto sta che comunque l’economia degli Stati Uniti non si risollevò. Ci vollero una nuova presidenza e un cambio totale di linea in materia economica per ottenere un’effettiva inversione di tendenza.
Sicché stupisce lo stupore del nostro premier davanti alle analisi dell’ISTAT che evidenziano il costante perdurare del declino economico nazionale; nonostante i famosi 80 euro di regalia per oltre 10 milioni di lavoratori. Misura che – secondo Palazzo Chigi – doveva rilanciare i consumi e invece ha dato una spintarella alle importazioni; soprattutto ha confermato i dubbi sulla destinazione di ingenti risorse in maniera così poco mirata. Allo stesso modo non ha prodotto effetti la decontribuzione per i neo-assunti. Così come non rilanciano l’economia i poderosi pompaggi di liquidità della Banca Centrale europea nel sistema bancario del continente (che secondo ricerche recenti è stato destinato più a salvare posizioni pericolanti interne agli istituti, tipo prestiti ad aziende decotte, che non a stimolare l’economia). Insomma, il cavallo non beve, come si dice in gergo. O forse si voleva far bere il cavallo sbagliato, visto che la politica “obamiana” di successo si rivolgeva all’economia reale, favorendo processi innovativi, mentre quella nostrana di insuccesso si disperde in circuiti virtuali, molto spesso a vantaggio di amici degli amici. Ad esempio i provvedimenti del nostro governo in quest’ultimo biennio non hanno individuato settori da stimolare come locomotive di sviluppo, ma hanno seguitato a praticare l’inestirpabile logica dei provvedimenti a pioggia. Con i facili applausi di regola da parte delle platee beneficiate e i conti a consuntivo in rosso. Per non parlare delle vere e proprie dilapidazioni. Come ci informa il numero di settembre della rivista Le Scienze, con un reportage sui sette miliardi sette di euro erogati dall’Unione europea, per alimentare “ricerca e competitività” nel nostro Meridione, e finiti ad abbeverare aziende produttrici di materassi, imballaggi e scocche per automobili, due case di riposo, cinque autolavaggi, trentadue negozi di abbigliamento, sette impianti sportivi, cinque negozi di abiti da sposa. E l’elenco continua, a pietra tombale per le politiche dell’innovazione che dovrebbero redimere le regioni arretrate e determinare l’auspicata inversione di tendenza al declino.