I dati Unioncamere confermano che nel tavolino a tre gambe dell’economia ligure (porto, industria, terziario) la gamba rappresentata dal turismo va rafforzandosi:
un più 8,5 per cento di arrivi, che raggiungono le 700mila unità, tradotti in 2,6 milioni di permanenze giornaliere (più 4,3 per cento). A conferma che finalmente anche Genova sta inserendosi definitivamente nel grand tour turistico italiano. Indubbiamente giocano fattori indipendenti dalla nostra capacità di “venderci” (tradizionalmente modesta), quali le minacce terroristiche sull’altra sponda del Mediterraneo e le catastrofi belliche nel quadrante orientale, che inducono la scelta di destinazioni meno esotiche ma infinitamente più tranquillizzanti. Altrettanto pare aver funzionato un passaparola di visitatori che hanno scoperto il fascino di un luogo che disdegna l’ostentatività. Ora il tema “politico” è quello di consolidare la tendenza. E in questo ambito dovrebbero entrare in campo adeguate politiche pubbliche.
Se si vuole seguire la ricetta proposta dal presidente FEPAG Alessandro Cavo – di cui nei giorni scorsi ha dato conto questo sito – tale tema su cui ragionare è la ricerca di cosa può essere realizzato creativamente per rendere sempre più efficace e seducente l’offerta di accoglienza, inventando nuove ragioni di attrattività (calendari di eventi pubblici, collegamenti di sinergia con grandi bacini tipo le crociere o contenitori quali Palazzo Ducale, gemellaggi, ecc.).
Condizione primaria per il successo di queste iniziative promozionali, orientate da una “visione” prospettica, è il perseguimento di forme di partenariato intra e inter-categorie, pubblico e privato, città e costa, che scaturiscano dalla messa in comune delle rispettive risorse, operative non meno che informative e relazionali, finalizzate agli obiettivi definiti in un progetto condiviso.
Come insegnano i manuali di marketing turistico, ci sono due livelli nella scelta di una destinazione da parte dei possibili visitatori: il luogo (scelta primaria) e l’esercizio (secondaria). In assenza della prima scelta, la seconda neppure si pone. E dunque lo start richiede un impegno collettivo nel comune interesse di essere individuati dalla scelta turistica. Poi scatteranno i meccanismi competitivi, ma in una logica positiva. Il radicato individualismo delle categorie e la scarsa attitudine promozionale delle burocrazie politiche lo renderanno possibile?