La capogruppo del PD in Regione Liguria Raffaella Paita ha chiesto soccorso alla ministra Beatrice Lorenzin perché blocchi le riforme in materia sanitaria dell’assessore Sonia Viale;
la quale, realizzando la nuova azienda ALISA, a dire paitiano “toglierebbe al consiglio regionale le funzioni programmatorie in materia”. Così dicendo la battagliera spezzina dimentica che proprio la Lorenzin, con il “Patto per la salute” del 2014, richiedeva alle Regioni di creare momenti di coordinamento del settore; su varie voci di spesa; che vanno dagli acquisti, al personale e così via. Come già alcune Regioni – ad esempio la Toscana – hanno iniziato a realizzare. E come l’assessore dell’era Paita-Burlando Claudio Montaldo si era premurato di predisporre, proponendo una delibera ad hoc, che valorizzava il ruolo di strutture esistenti quali Ars, ma subito bloccata dal duo presidenziale per ragioni di convenienza elettorale. Sicché esperti di faccende regionali osservano che la maggiore fortuna dell’attuale governo ligure guidato da Giovanni Toti è proprio quella di trovarsi di fronte un’opposizione che gli alza ininterrottamente comode palle per “schiacciate” politiche: dagli attacchi sul pasticcio decennale di Erzelli alla questione sanitaria, che la precedente maggioranza si guardò bene dall’affrontare, non volendo toccare ben noti centri di potere di territorio. Il motivo per cui si attacca a casaccio l’assessore Viale e non le si chiede (forse perché non si hanno i titoli per farlo) la ragione per cui oggi ci ritroviamo con ben sette aziende sanitarie (Imperia 1, Savona 2, Genova 3, Tigullio 4, Spezia 5, San Martino 6 e Alisa 7), quando – tra l’altro – per legge il bacino ligure non dovrebbe averne che una o due; massimo tre: Levante, Genova, Ponente.
In effetti, a fronte dei lasciti incancreniti delle passate gestioni, sembra che nessuno sappia bene che cosa fare. Mentre incombe un referendum autunnale che potrebbe spazzare via in blocco le competenze regionali. Con l’ulteriore spada di Damocle a fine anno di un commissariamento governativo per gli spaventosi sforamenti dei budget che qualcuno prefigura. Ma su cui i Paita’s boys non emettono segnali.