Il trasferimento sulla collina di Erzelli dell’azienda partecipata dall’Ente Regione Liguria Digitale, per riempire i vuoti che ancora sussistono nel presunto parco tecnologico in gestazione
ormai da ere geologiche, sta diventando l’ennesima prova di come la politica locale si sia felicemente specializzata nella manipolazione della realtà a mezzo estrazione di conigli dal classico cilindro.
È di oggi la dichiarazione al riguardo di un testimone informato dei fatti; l’ex governatore Claudio Burlando, già lord protettore di tutti i cineforum in cui si proiettava la pellicola fantasy del viaggio ligure nel mondo fatato dell’hi-tech.
Una presa di posizione sul chiacchierato trasloco in collina che contrasta con tutte quelle del passato, per il suo impietoso iper-realismo demistificatore (un primo effetto di ravvedimento indotto dalla sconfitta del maggio 2015?): «una sciocchezza, perché l’unica struttura tecnologica forte che ha Liguria Digitale è la Server Farm, che rimarrà al WTC. Si spostano invece i tecnici che lavorano esclusivamente per la Regione, per la Asl, gli ospedali. Dovevano stare in città. Perché mandarli lassù?». E il perché potrebbe essere perfino intuibile: riempire spazi sfitti e mettere in carico del pubblico denaro gli affitti relativi.
A questo punto si potrebbe dire che è ora di finirla con l’interminabile narrazione che ha trasformato lo stato dell’arte genovese e ligure in una sequenza permanente di miraggi, che prospettavano meraviglie prossime future prive di qualsivoglia attinenza con la realtà. Lo scopo era quello di prendere tempo e tenere buona la pubblica opinione somministrandole una sorta di acido lisergico (LSD) comunicativo.
Purtroppo le dure repliche della crisi stanno risvegliando la cittadinanza da questo lungo sonno ipnotico. E incominciare a dire la verità sembrerebbe la migliore terapia per affrontare davvero le sfide incombenti.