Come ha riferito Liguriaeconomy, il segretario della Camera del Lavoro Ivano Bosco martedì scorso ha chiamato a raccolta le forze vive di Genova per un’azione comune davanti all’addensarsi

di punti di crisi che stanno mettendo in ginocchio la città, a partire dalla base occupazionale. Gli ha risposto a stretto giro di posta il sindaco Marco Doria annunciando per metà settembre un incontro plenario delle categorie come “momento di ascolto per dare centralità all’economia genovese”.
Sorge il dubbio che l’invito alla riscossa civica del sindacalista non sia stato capito nel suo vero significato, anche perché si ha motivo di credere che il suo pensiero autentico sia stato un po’ rimaneggiato. A partire dal titolo dell’intervista (“il cardinale è uno dei pochi che parla di lavoro”) che fa apparire Bosco per quel baciapile clericale che non è assolutamente. Ma l’elemento di massimo equivoco sta nella dizione “Stati Generali”. Con il realistico pericolo che quanto intende organizzare il sindaco si riveli la solita kermesse, la solita sequenza ininterrotta di interventi pensosi/amari…  e poi tutti a casa.
In effetti qui non c’è bisogno di creare un’artificiosa ed ecumenica “unità di voci” come vagheggia Angelo Bagnasco, quanto di compiere un esercizio strategico progettuale raccordando soggetti pubblici e privati verso obiettivi condivisi. Insomma, non geremiadi ma politiche. Come avvenne nel caso canonico di pianificazione strategica territoriale. Quello di Barcellona, in cui l’impegno civico si tradusse nell’attivazione di filiere tecniche di riflessione (nel caso catalano, politiche delle infrastrutture, qualità della vita, sostegno alle attività economiche). Perché si era capito già trent’anni fa che queste azioni di territorio vanno finalizzate a obiettivi di mobilitazione concreta, attraverso giochi di cooperazione e disseminando orientamento progettuale in tutti gli ambiti della città. Il suo opposto sono le adunate verbose che possono solo aumentare la frustrazione da impotenza.