Una città che chiude in onore della storica azienda Agnesi, una sorta di istituzione per la pasta in tutto lo Stivale e persino all’estero. Se l’Agnesi chiuderà a fine anno
come sembra, infatti, sarà l’ennesima mazzata per una città e un a provincia che solo un tempo furoreggiava. Due numeri: la provincia di Imperia, secondo i dati della Cgil, ha perso dal 2008 ad oggi oltre 5000 posti di lavoro. E persino gli extracomunitari, che dal 2001 in avanti erano cresciuti da 10 a 24 mila in una provincia di 220 mila abitanti, fanno contare oltre duemila partenze.
Così, per ragioni che hanno a che fare con il cuore, la pancia e il cervello, stavolta una città – già sotto botta per l’arresto del suo dominus Claudio Scajola – prova a uscire da un torpore quasi atavico per difendere un marchio che l’ha identificata.
Tutto è a portata di un angolo, a Oneglia. La Camera del Lavoro è baricentrica, cento metri circa, tra la banchina di Calata Cuneo, dove adesso attraccano gli yacht e una volta sbarcavano i “barchi” carichi di grano ucraino, il migliore d’Europa, e lo stabilimento.
Immenso, altissimo. Sul lato del mare , da dove si vedono gli alberi delle barche a vela del nuovo porto turistico – altra incompiuta a rischio fallimento, altro elemento d’ansia per chi sperava almeno di puntare sul turismo, a fronte di un’industria sempre più lontana – due camion cisterna gialli stanno scaricando la semola pronta per la produzione. Ma, sebbene di alta qualità, non è lo stesso che veniva prodotto dal mulino, chiuso forse definitivamente. Poco più di una ventina di operai sono in cassa integrazione straordinaria: se la produzione del mulino , e quindi del pastificio,