Tre anni. E’ il tempo prestabilito dal Sovrintendente Giovanni Pacor, al centro delle polemiche dei lavoratori e dei sindacati dopo una iniziale simpatia reciproca, per rimettere in piedi
il Carlo Felice. In primis i disastrati conti per rivoluzionare il futuro dello stabile. Secondo i critici ci vorrebbe la bacchetta magica, per Pacor, invece, tanta intelligenza, raziocinio e buona volontà. Togliere in un triennio il rosso di bilancio e farlo uscire dai suoi spazi canonici, il palcoscenico genovese, spostando la musica nei “luoghi insoliti”, dalle carceri agli ospedali, dalle fabbriche alle case di riposo. Insomma, è carico di suggestioni il piano triennale di rilancio della Fondazione Carlo Felice. Pacor in poche parole si è posto l’obiettivo di scardinare l’impostazione tradizionale, ma restano i guai economici, quelli più importanti e pressanti e in assenza di conti in ordine, tutto il resto rimane sulla carta. da parte dei lavoratori e dello stesso Pacor resta la massima fiducia verso il Ministro Massimo Bray, l’unico che negli ultimi dieci anni ha creato un decreto per salvare e garantire l’esistenza delle varie fondazioni dei teatri italiani. Intanto cresce l’attesa per il decreto del ministero dei Beni Culturali che sarà (dovrebbe, vista l’attuale crisi di governo in atto) convertito in legge entro il prossimo 8 ottobre.