L’imminente arrivo del premier Renzi, per siglare con il sindaco Doria quello che è stato chiamato “Patto per Genova”, apre finestre di speranza per la città malata, che solo un inguaribile negazionista
potrebbe interpretare come retropensiero “di scambio”. Ossia le pratiche di Prima Repubblica in cui, a ben precise scadenze, si promettevano meraviglie al corpo elettorale; e magari si distribuivano scarpe o pacchi di pasta per acquisirne il voto. Chi ora vorrebbe insinuarlo sosterrebbe due cose:
A. Che il referendum stia scatenando i peggiori istinti della politica e l’ansia di vittoria contagi al ribasso chi ne viene avvicinato;
B. Staremmo assistendo a una pericolosa corsa all’indietro nella nostra vita pubblica, come se gli ultimi venti anni, con le loro tristissime lezioni, fossero trascorsi invano.
Intanto il “pacco governativo” viene segnalato in consegna, e al suo interno c’è davvero di tutto: fascia di Rispetto di Prà al Comune di Genova, dal demanio marittimo. E almeno dieci milioni in più per il Blue Print, a partire dai 15 promessi in un primo tempo. Poi, novità sulle aree Ilva e il via libera ad Erzelli, con la copertura del “trasloco” di Ingegneria con un “surplus” di altri 30 milioni (l’ateneo ne aveva chiesto una quarantina, ma la cifra concordata potrà essere sufficiente a sbloccare finalmente la questione). A voler essere proprio pignoli mancherebbe l’impegno governativo per la riapertura di storici esercizi di via Roma, segnatamente Berti e Pescetto.
Ma comunque, tanta roba. Anche se continua a lavorare il solito tarlo molesto: è così, con le regalie nell’immediato di scadenze cruciali che richiedono l’intercettazione del consenso popolare, è in questo modo che Genova potrà trovare la propria uscita di sicurezza? La civica salvezza viene dai cieli romani o richiede iniziative che partano all’ombra della lanterna? Anche perché una città di mare come la nostra conosce bene in che cosa spesso si traducono le famose “promesse del marinaio”. Una volta finita la festa “e gabbato lo santo”.
Anche perché è nota l’antipatia nutrita da Matteo Renzi nei confronti di una città che in passato si è sempre rivelata sorda alle sue lusinghe. Per cui, ai suoi occhi, quanto varrebbe davvero – motivando l’improvvisa generosità a dieci giorni dieci dalla scadenza referendaria – è ben altro. Ossia l’acquisizione della firma del sindaco arancione Doria nel manifesto per il SI che già vede arruolato l’ex sindaco (parimenti arancione) di Milano, Giuliano Pisapia.