Ha molto senso gioire per il “poderoso” più zero virgola tre di PIL italiano, che viene segnalato dagli indicatori per il terzo trimestre dell’anno, a fronte di un “catastrofico”
meno zero due dei sempre ingombranti tedeschi?
Qualcosa come l’interminabile partita di calcio Italia – Germania, di cui ieri sera si è celebrato l’ennesimo remake a San Siro.
Poi – se si va a vedere – la battuta d’arresto del Made in Deutschland è dipesa dal rallentamento della domanda mondiale, cui un’economia orientata all’esportazione è particolarmente sensibile. Lo stesso vale anche per il nostro sistema produttivo, la cui ulteriore perdita di colpi è stata abbondantemente compensata dalla voce turismo estivo, nel vantaggio congiunturale derivato dal dirottamento di flussi da altre mete più esposte a turbolenze in larga misura di matrice politica come il terrorismo, e una timida ripresa del consumo interno.
Ma forse – in materia di Prodotto Industriale Lordo – è la stessa modalità di rilevazione che andrebbe rivista, come un numero crescente di voci invitano a fare. Come affermava Robert Kennedy, in un discorso profetico del 18 marzo 1968, a tre mesi dall’attentato di Los Angeles che ne avrebbe spezzato la giovane vita.
«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato all’eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro PIL ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel PIL – se giudichiamo gli Stati Uniti in base ad esso – comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il PIL mette nel conto anche le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari o l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani».
Altri tempi, altra politica.