Stando ai primi resoconti, parrebbe che il salone genovese della nautica sia incominciato bene e prometta di confermare passati successi. Tanto da far diramare a istituzioni e Ucina,
l’associazione promotrice, proclami di amore indissolubile tra l’evento e la città ospitante.
Liguriaeconomy è la prima a gioirne, convinta che la dissipazione dell’opportunità espositiva sia stata una delle tante ferite inferte negli anni al capitale economico del capoluogo ligure, come dell’intera area. Ferite che si rivelavano il massimo dell’imprevidenza (ma forse sarebbe più corretto parlare di insensatezza). Sicché, se ora appaiono segnali in controtendenza, ben vengano. Anche se l’inveterata abitudine a mentire in materia di eventi da parte degli organizzatori (vedi l’Esposizione Internazionale milanese dell’anno scorso, di cui ancora oggi si attende il bilancio) induca alla prudenza nei commenti.
Ma qui sorge un problema: se l’esposizione delle barche dà segni di una qualche vitalità, quale deve essere la sorte del quartiere espositivo che da sempre ospita la manifestazione, di cui è stato stilato ormai da tempo il certificato di morte?
Un evento di questo tipo è sempre localizzato in un luogo certo e permanente, che concorre a definirne la localizzabilità. È pensabile salvare il polo fieristico genovese della nautica a prescindere dal decesso dei suoi storici quartieri?
Forse lo scontato trionfalismo in corso d’opera di questi giorni dovrebbe essere immediatamente seguito da una discussione sulle infrastrutture. Oggi in abbandono.
Sapendo che poche di queste realizzazioni sono a rischio di degrado quanto i padiglioni di una fiera. Che richiedono manutenzioni costanti, da finanziarsi con calendari che ne plafonino la vendita degli spazi. Per ricavare le indispensabili risorse manutentive.
Dibattito in assenza del quale, negli anni, a venire la fuga delle barche da Genova rischia di trasformarsi in una scelta obbligata. Mentre lo sbandierato successo attuale indicherebbe il filo conduttore per il rilancio locale della smarrita vocazione espositiva: l’economia del mare, in tutte le sue accezioni, come filo conduttore per dodici mesi di un programma che popoli di espositori e visitatori le costruzioni dietro piazzale Kennedy. Ora a crescente rischio di fatiscenza.