Dal 2017 lo scalo genovese perderà la qualifica di home port della compagnia crocieristica britannica P&O Cruises, sostituito in tale condizione da quello maltese.
Questo non significa soltanto il dirottamente altrove – in direzione del Mediterraneo orientale – di 100mila crocieristi, ma anche un non trascurabile danno per il nostro aeroporto; il Cristoforo Colombo, dove sino ad oggi veniva fatto transitare l’intero traffico charter organizzato per fare affluire i turisti inglesi, clienti P&O, e poi convogliarli all’imbarco sulle navi da crociera che li attendevano ormeggiate nel terminal genovese. Un flusso quantificabile all’ingrosso in 90mila persona.
Se tanto spesso si parla di interdipendenze nel sistema marittimo, che andrebbero sempre evidenziate per elaborare strategie, forse dovrebbero essere prese in considerazione anche per sventarne le opposte conseguenze negative.
Come in questo caso, che produce effetti penalizzanti che vanno a gravare tanto su porto che su aeroporto.
Una sinergia al ribasso di cui non si sentiva certamente la necessità. Anche perché, se per Stazioni Marittime si prospettano arrivi dall’effetto tutto sommato compensativo, per il Cristoforo Colomba si tratta di pura perdita secca. E – come si dice – ancora una volta piove sul bagnato.