La Federazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria ha aspettato, prima di intervenire sulla vicenda dell’Iplom, che tornasse un po’ di calma dopo i giorni dell’emergenza, ed
esprime la sua opinione adesso, attraverso il suo giornale “A&B web Edition”, che esce in edizione speciale di 8 pagine dedicate agli impianti pericolosi e al modo in cui, nel nostro Paese, situazioni che sulla carta appaiono spesso controllabili, possono diventare emergenze all’improvviso.
Il caso di Busalla è un campanello di allarme che ci avverte che incidenti simili possono succedere in qualunque momento in tutta l’Italia: il Paese è pieno di impianti vecchi e, proprio mentre l’indagine giudiziaria si sta svolgendo a Genova, viene da chiedersi quanti controlli siano in corso per verificare le condizioni degli impianti a rischio in altre località.
Se le condizioni di deterioramento dovessero rilevarsi analoghe a quelle della tubazione Iplom che ha ceduto, quale impresa ha il coraggio di condividere il rischio con le comunità locali e, magari, sospendere l’attività prima che lo faccia la Magistratura a seguito di un nuovo disastro?
Anche per questo gli ingegneri colgono l’occasione per ribadire ancora una volta che bisogna cambiare innanzitutto mentalità e favorire l’approccio ingegneristico prestazionale (legato alla professionalità dei progettisti che si assumono la responsabilità di ottenere il risultato anche colmando eventuali vuoti normativi) rispetto all’approccio meramente prescrittivo (che si limita alla mera osservanza delle norme per “essere apposto” e salvare sé stessi dalle responsabilità più che salvaguardare la vita e l’ambiente). Il tutto avendo la consapevolezza che, comunque, il “rischio zero” non esiste e nulla può essere “messo in sicurezza” in termini assoluti.
“A&B web edition”, in questo numero di marzo, tra l’altro, pubblica le misure di sicurezza della Iplom, che dichiara l’esistenza di procedure automatizzate che, con «sistemi strumentali di blocco ed allarme automatici (Emergency – shut down), progettati e realizzati per mantenere il processo nel corretto campo di esercizio», garantisce «la fermata in sicurezza delle attività di processo in caso di anomalie». Sistemi che vengono ampiamente pubblicizzati dalle maggiori raffinerie italiane, come ad esempio l’Eni, dove, nonostante ciò, sono molto frequenti i furti di prodotti dalle tubazioni, con continui sversamenti e incendi, come si può facilmente accertare con una semplice ricerca sui principali motori di ricerca internet.
Gli ingegneri fra l’altro propongono che:
– E’ bene che le procedure e le norme che riguardano la sicurezza di questi impianti vengano concordate con Enti locali e cittadini,ipotizzando scenari di incidente (e/o guasto) realistici e attendibili, una volta definita la soglia di rischio definita come accettabile;
– Occorre stabilire la vita massima di tutti gli elementi edilizi e impiantistici rilevanti nella valutazione dei rischi e imprimerla con chiarezza: questo renderebbe più facili i controlli e non solo.
– I 640 mila professionisti iscritti agli Ordini tecnici in Italia, che partecipano ex lege alle attività di protezione civile, diventino “sentinelle” dei luoghi in cui operano, segnalando tempestivamente ai gestori degli impianti e, all’occorrenza, alle autorità preposte, tutte le eventuali anomalie in cui si imbattono operando sul territorio.