E’ proprio vero. In tempi di ristrettezza economica si rinuncia ad un caffè, si va a comprare nei discout, la marca diventa un optional, meno viaggi, uscite serali, vacanze, si utilizza
di meno persino l’auto per privilegiare il bus o una bella e sana passeggiata. La tavola ai tempi della crisi economica. Ovvero, come sono cambiate le abitudini degli italiani in fatto di consumi nei pubblici esercizi e quanto ne hanno risentito i bilanci delle imprese del settore? A questo quesito cercano di dare una risposta gli studi che verranno presentati martedì prossimo, presso la sala Nori della Confesercenti, in via Nazionale 60, in occasione dell’assemblea elettiva della Fiepet. Dati alla mano, dal 2010 ad oggi sono diminuiti dell’8,5 per cento i consumi nei bar e del 7,9% nei ristoranti. Cala la spesa per la pausa pranzo (-3,5%), per l’aperitivo (-2,7%) e perdono terreno persino cappuccino e cornetto mattutini (-3,3%). Il volume d’affari scende a 15,1 miliardi di euro l’anno (-18%) con un calo stimato della spesa media del 13%. I pubblici esercizi rappresentano sempre più un luogo di incontro e di aggregazione per i giovani tra i 18 ed i 25 anni (46,6%) e per gli ultra sessantenni (38,9%), mentre per gli altri resta soprattutto un luogo in cui consumare.
I dati elaborati dalla Confesercenti evidenziano per il 2013 un calo dei consumi del 2,2% ed una flessione della spesa delle famiglie del 2,6%. Il fatturato delle imprese della ristorazione è calato del 3,6%, il dato più pesante in Europa dopo quello del Portogallo. Il fatturato degli esercizi alimentari, tabacchi e bevande è sceso del 3,1%. Gli italiani continuano a stringere la cinghia per far quadrare il bilancio a fine mese e lo fanno anche sacrificando qualche pranzo, cena o aperitivo e persino il rito della colazione la mattina al bar. Il settore che resisteva alla spending review familiare e che anzi funzionava da premio di consolazione per le tante altre rinunce, dalle vacanze all’abbigliamento, ai divertimenti, ha pagato il suo pegno alla crisi.