Il primo a lanciare l’allarme sulle nuove forme di caporalato presenti in porto fu un esponente sindacale della Cgil genovese, Marco Gallo. In effetti continua questo triste fenomeno
a distanza di mesi dalla denuncia effettuata nel corso di una intervista. Il caporalato, ossia le persone, per lo più straniere dell’Est Europa che vendono il proprio lavoro manuale in nero per un costo bassissimo all’ora ai margini delle strade dal lunedì al venerdì non si contano, anzi addirittura sono in aumento. E non solo lungo viale Canepa, non lontano da uno dei varchi del porto genovese, dove stazionano una decina tra albanesi, moldavi e romeni. Il caporalato lo si evince a Marassi bassa, in corso De Stefanis, dove quasi ogni mattina in due punti distanti dell’arteria si notano una dozzina di albanesi da una parte e romeni dall’altra. E poi a Sampierdarena. Insomma, tutti cercano una occupazione giornaliera in qualche cantiere cittadino per cifre irrisorie, che vanno tra i 6 o 7 euro all’ora a 10 o 12. Cosa si fa pur di mangiare.