Trecento. Un numero che fa tremare dalle parti dell’Ilva di Cornigliano. da quell’incontro nella sede di Confindustria nessuno, nel ponente genovese, ha più dormito
serenamente perchè sul tavolo resta, ed è sempre più concreta, l’ipotesi di esuberi a raffica che avrebbero l’effetto non solo di azzoppare l’azienda, ma di incrinare definitivamente il rapporto tra i lavoratori e i vertici dell’azienda.
Le voci sugli esuberi nella fabbrica-simbolo di Genova sono ricorrenti e questa volta lo spettro non è sventolato dai sindacati, ma ammesso a denti stretti dall’azienda, che cerca disperatamente una strategia di rilancio industriale che possa dare continuità a quel fazzoletto di terra e mare nel Ponente genovese.
Se l’acciaio riduce il suo peso, ma non abdica a una produzione di qualità a Genova allora vanno trovate produzioni che possano affiancare la siderurgia, dall’industria alla logistica portuale. Possibilmente sotto la regia di un unico soggetto che possa essere garante delle imprese, quale Confindustria, ma con i contratti in scadenza a settembre che coinvolgono gran parte dei dipendenti diventa tutto maledettamente più difficile.