Quattro giorni, ancora 86 ore e molto probabilmente mercoledì assisteremo alla fumata bianca rappresentata dalla cessione di Ansaldo Energia ai coreani di Doosan

il gruppo asiatico che ha manifestato dallo scorso giugno un forte interesse per rilevare l’intero pacchetto.
Secondo i beni informati, comunque, un pezzo di Ansaldo rimarrà in mani italiane (una cifra simbolica, tra il 20 e il 15%) grazie al provvidenziale intervento della Cassa depositi e prestiti, una soluzione d’emergenza.
Alessandro Pansa, l’ad di Finmeccanica, nonostante le sue rassicurazioni date nel recente passato a Genova, non ha fatto mai mistero di voler cedere Ansaldo Energia per fare cassa e garantire un futuro dignitoso agli operai e impiegati (ma anche cuochi, addetti alle pulizie e ai turni notturni) dell’indotto.
Claudio Burlando e Marco Doria, accumunati dalla ferrea volontà di non cedere Ansaldo Energia al gruppo sud coreani, non hanno voluto al momento rilasciare dichiarazioni, ma in caso di cessione, oramai scontata, sarebbe un brutto smacco per Genova e la Liguria, che perderebbe un’eccellenza locale da 150 anni presente sul territorio.
I sindacati hanno più volte ribadito la loro avversità alla cessione, ma non per ostacolare investimenti stranieri che, anzi, danno respiro all’asfittica economia italiana (il porto di Spezia, quello di Vado Ligure e di Voltri sono in mano straniera); ma per il semplice fatto che si perderebbe l’italianità dell’operato, in un momento cruciale per la nostra economia.

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